
Come abbiamo trasformato i bambini in piccoli adulti e gli adolescenti in nuovi bambini…
Affidare delle responsabilità ai bambini anche piccoli è oggi ritenuta una tecnica educativa alla quale ispirarsi e per delle ottime ragioni. Un bambino che impara da subito a diventare autonomo è un bambino più maturo e stimolato, ma … c’è un grande MA!
Una cosa è stimolare i bambini a diventare più indipendenti e ad assumersi delle responsabilità adeguate alle loro tappe di crescita, ben altro è aspettarsi o addirittura pretendere che si comportino da piccoli adulti.
Giusto è che un bambino impari ad essere gradualmente sempre più autonomo, ma va ricordato che un bambino maturo è pur sempre un bambino ed ha il diritto di sperimentare anche una dipendenza sana e una vicinanza alle figure di riferimento. Un bambino ha bisogno di qualcuno che sappia adeguatamente rispondere ai suoi legittimi bisogni di vicinanza, protezione, accudimento.
Scrivo questo perché ho avuto un’impressione che mi è stata confermata da parecchi articoli che ho letto a riguardo. Pare, insomma, che sempre più spesso qualche genitore e qualche addetto ai lavori (educativi) oggi tendano a porre delle richieste inadeguate di adultizzazione e responsabilizzazione, specialmente verso i bambini al di sotto del decimo anno di età. Un bambino non sempre (leggasi: quasi mai) sa cosa è giusto in un’ottica realistica, ma stabilisce ciò che per lui è bene o male solo su un piano soggettivo e di gratificazione immediata.
Facciamo qualche esempio pratico:
– Se Gino ha il pannolino sporco, devo dirgli “Gino, devo cambiarti” e non avrà senso domandargli: “Gino, ti cambio? Vuoi?”. Semplicemente Gino non lo sa quanto è importante tenere il sedere pulito, anzi, lui preferisce continuare a giocare ed io non posso illudermi che mi risponda: “Sì, certo, gradirei anche della crema, grazie!”.
– Se Pina deve andare a scuola, non posso lasciare totalmente a lei la decisione riguardo a come vestirsi, perché se poi esce di casa in costume da bagno, come fa ad imparare che non è un abbigliamento adeguato per andare a scuola, magari anche in pieno inverno? Posso, semmai, darle delle opzioni tra le quali scegliere.
Un bambino ha bisogno ancora molto di essere guidato per interiorizzare le regole ed i valori che, una volta adolescente e poi giovane adulto, lo aiuteranno a scegliere autonomamente per sé.
Curioso è il fatto che, a questo tentativo sempre crescente di adultizzazione dell’infanzia faccia da contraltare un quasi totale abbandono di ogni sforzo verso la responsabilizzazione in età adolescenziale; che dovrebbe, invece, essere la tappa di crescita specifica per una richiesta di adeguamento alle responsabilità adulte.
Il paradosso è ridicolo quanto reale, ve lo assicuro: pretendiamo dai bambini un senso di responsabilità che non siamo in grado di riconoscere quando è presente nei nostri sedicenni.
Nella nostra cultura l’adolescenza è percepita come un periodo difficile e tormentato, caratterizzato da delle inadeguate richieste di indipendenza. La ricercatrice Danah Boyd, non a torto, sostiene che il modo moderno (ma non troppo) di concepire gli adolescenti è come delle “palle di ormoni incontrollabili”. In questo modo la società adulta “ha sistematicamente sottratto agentività ai giovani nel corso dell’ultimo secolo.” Facendoci un breve esame di coscienza, chi di noi non ha mai pensato che gli adolescenti fossero delle bombe di ormoni, senza alcun criterio logico, pronte ad esplodere? La cultura popolare, attraverso editoria scadente e film ancora più di cattiva qualità, ci ha inculcato lo stereotipo malsano del teenager incomprensibile, irrazionale e senza alcuna possibilità di controllo (come se il controllo ossessivo su un adolescente fosse cosa ovvia e sana).
Tutto molto facile, da parte di noi adulti, che così ci diamo una veloce e sopportabile spiegazione e giustificazione a molte cose che preferiamo non vedere o a cui non abbiamo il tempo di badare.
Se ne è occupato Daniel Siegel, medico psichiatra, professore all’Università della California. Nella sua ultima pubblicazione (“La mene adolescente”).
Secondo Siegel, l’odierna immagine degli adolescenti di cui sopra, risulta riduttiva e non rende onore a un periodo della vita straordinario, ricco di cambiamenti e di difficoltà, ma anche di possibilità. Intorno a questa fase dell’esistenza aleggiano ancora molti miti, nonostante ormai quasi tutti siano stati sfatati dagli studi scientifici.
La questione legata alla conquista dell’indipendenza non è percepita dagli adulti nel modo più corretto, secondo l’autore, che sostiene: “Sperimentare è nella natura dell’adolescenza. Se gli adulti bloccano questo desiderio di sperimentazione, e impediscono alla passione per le novità di esprimersi, i ragazzi si isolano”.
Insomma, quante volte abbiamo ascoltato inconsistenti filippiche che cominciavano con “Ah, i giovani d’oggi …”? E quante volte, con la stessa frase fatta, noi stessi abbiamo dato il là a certe lagne da far roteare gli occhi? Quante volte queste sono state scuse per impedire ai nostri ragazzi di sperimentare ciò che, magari, avevano il diritto di provare, dimostrando di esserne in grado?
Il Dalai Lama, durante un incontro a Pomaia, sede di un importante centro di studi sul buddismo, ha dichiarato: “Non ho molta fiducia nelle vecchie generazioni, ma nei giovani che sono nati nel ventunesimo secolo e che ragionano senza i vecchi schemi”. Ha parlato di insegnamento di etica agli adolescenti, dichiarando di avere avviato già un confronto scientifico con un gruppo di scienziati americani e tedeschi: “[gli adolescenti presi in esame] hanno seguito insegnamenti di appena tre settimane, ma hanno recuperato uno stile di vita migliore e una capacità di relazione con gli altri più positiva, riducendo lo stress e gli stati di ansia”.
Insomma, sorprendentemente (e la parola è detta con ironia) gli adolescenti sanno imparare l’etica ed applicarla, se qualcuno si prende la briga di affrontare con loro l’argomento!
Insomma, quando si parla di ragazzi si rischia sempre di cadere in semplificazioni troppo facili e troppo fallaci: non hanno valori, non credono in niente, non si impegnano per il bene del prossimo e della comunità.
Innanzi tutto dobbiamo ricordare, comunque, che non parliamo semplicemente di adolescenti, ma dei nostri adolescenti. I ragazzi vivono in un mondo fatto da noi adulti, i loro difetti sono figli dei nostri difetti.
Inoltre, chi lo dice che non ci si può fidare degli adolescenti? Chi lo dice che non vogliono impegnarsi per la comunità? Qualcuno glielo ha mai chiesto? Qualcuno gli ha mai dato modo di dimostrare il contrario?
Tutto questo lungo discorso per raccontare qualcosa che mi ha coinvolto in prima persona. All’inizio di marzo ho avuto modo di accompagnare un gruppo di adolescenti asolani ed i loro animatori in una esperienza di volontariato. I ragazzi hanno circa sedici/diciassette anni e, grazie alla parrocchia di Asola e ai loro “educatori alla fede”, hanno cominciato un percorso di catechesi che quest’anno ha toccato argomenti come il servizio al prossimo e alla comunità.
L’associazione “un sorriso di speranza”, con la quale cooperativa Viridiana collabora, ha dato loro la possibilità di animare una serata per un gruppo di bambini affetti da diversi tipi di disabilità.
I ragazzi hanno sfidato il freddo (c’era la neve) e non solo hanno partecipato con entusiasmo, ma hanno tenuto alto il morale tutta la sera, hanno cantato, ballato e giocato con e per i bambini e tutto assolutamente gratis.
Bellissimo è stato vedere questi ragazzi sedersi ad un lunghissimo tavolo e mescolarsi ai bambini e alle operatrici dell’associazione e mangiare e divertirsi insieme. Un’immagine che sarebbe interessante (ed educativo) mostrare a tutti quelli che “Ah, i giovani d’oggi …”!
Gli adolescenti possono fare qualcosa di giusto, di bello, di importante, possono forse molto più di noi adulti, che ci facciamo schiacciare spesso dalla pigrizia e della mancanza di energie. Gli adolescenti possono assumersi responsabilità, possono impegnarsi e faticare, per qualcosa in cui credono, per qualcosa per cui valga la pena. Solo che se non lo crediamo possibile, se non glielo permettiamo per paura che non ne siano in grado, il problema non è loro, è nostro … è molto nostro!
Quella sera in auto, al rientro verso Asola, abbiamo ascoltato canzoni dei Green Day vecchie di quasi quindici anni, canzoni che ascoltavo io alla loro età, che mi hanno fatto ricordare la mia voglia di diventare grande, di dimostrare che potevo assumermi delle responsabilità serie. Posso dire anche che i giovani d’oggi ascoltano ottima musica!